martedì 23 giugno 2015

I DENTI DELLA VECCHIA



La Placca Adriatica è quasi sempre rimasta sommersa da un mare poco profondo. Ad un certo punto della storia della Terra, nel Giurassico (190 milioni d’anni fa), questa placca iniziò a ruotare in senso orario, spinta dalle grosse placche continentali che la circondavano. Nel movimento la Placca Adriatica andò a scontrarsi con la Placca Europea. Dopo alcuni milioni d’anni di relativa calma (dal punto di vista geologico), con l’inizio del Cretaceo (da 136 a 65 milioni d’anni fa) improvvisamente le placche continentali invertirono il loro movimento di allontanamento e la placca africana ed euroasiatica iniziarono ad avvicinarsi tra loro causando la lenta chiusura della Tetide e dando inizio alla formazione della catena di montagne piú nota al mondo: le Alpi. Le Alpi rappresentano la catena montuosa piú lunga d’Europa e si estendono per oltre 600 chilometri con cime che superano i 4’000 metri di altezza, il Monte Bianco con i suoi 4’848 metri è la montagna piú alta. Nasceva cosí il territorio che si sarebbe chiamato Cantone Ticino; i Denti della Vecchia sono ciò che rimane di una parte del continente africano quando avvenne il distacco tra l’Europa e l’Asia dall’Africa. Possiamo definire la Linea Insubrica come la cicatrice nata dallo scontro della Placca Africana con quella Europea. L’origine e il significato di questo lineamento è molto complesso ed è, ancora oggi, fonte di discussione e pareri contrastanti. La nascita della Linea Insubrica coincide, all’incirca, con l’inizio dell’orogenesi alpina e cioè a partire dal Cretaceo.
I Denti della Vecchia sono una delle formazioni orografiche piú particolari del Ticino, occupando buona parte della cresta che fa da confine con l’Italia tra la Val Colla e Valsolda. I loro bei torrioni di colore chiaro si alzano al cielo come canne d’organo visibili dal Luganese e danno un tocco alpino a tutta la regione. Esse sono un bastione occidentale della forte fascia di rocce della famiglia dei carbonati, ossia calcari e dolomie; sono composte in parte da calcite e dolomite e i Denti della Vecchia appartengono alla Dolomia Principale, l’unità carbonatica piú diffusa ed omogeneamente distribuita nelle Alpi Meridionali, ovvero nelle montagne che si trovano a sud della Linea Insubrica. Oggi si pensa che la Dolomia Principale sia nata in un mare di bassa profondità dove si potevano sviluppare grandi piani con distese di alghe, dove si raccoglievano i vari sedimenti trasportati dalla corrente. Questi sedimenti intrappolati dalle alghe venivano poi ricoperti da una sottile guaina di carbonato di calcio, mentre piccolissimi cristalli riempivano i diversi interstizi, serrandosi insieme durante lo sprofondamento, che ha trasformato il tutto nella bella roccia che oggi possiamo ammirare. La Dolomia Principale ci porta alle Dolomiti per il fatto che è dello stesso tipo ed età. Con i suoi appigli e i caratteristici camini è una roccia ideale per essere scalata e i Denti della Vecchia sono, infatti, un vero paradiso per gli scalatori con decine e decine di itinerari diversi e interessanti. I veri conoscitori di tutte le arrampicate possibili sono i componenti del Gruppo Scoiattoli dei Denti della Vecchia. Tipici di questa montagna sono i torrioni e le guglie: il Sasso Grande con i suoi 1491 metri è il punto piú alto; (il Sasso Palazzo 1483 metri è il secondo) le diverse rocce escono dalla fitta vegetazione che si trova sui fianchi risaltando ancora di piú. Ai piedi dei Denti della Vecchia si trova la capanna Pairolo; di proprietà della SAT Lugano; è situata in alta Val Colla tra i Denti della Vecchia e la Cima di Foiorina ed è il punto d’arrivo e di partenza per passeggiate in diverse direzioni: Val Colla, Sopraceneri, Italia e lago di Lugano.

Nei prati tra gli spuntoni calcarei, i frastagliati pinnacoli e le bizzarre guglie dei Denti della Vecchia (1’491 m) prospera una flora straordinaria. Fino a poco prima della seconda guerra mondiale nella regione esisteva una Primula viola, quasi nera, con fauce gialla, nota col nome dialettale di “Vedovella”. Pier Luigi Zanon, botanico del Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano, mi aveva scritto che questa primula è quasi certamente un ibrido tra l’Orecchietta d’orso (Primula auricola) di color giallo, conosciuta in dialetto col nome di “Fioo sassin”, e la Primula hirsuta dal colore rosa porpora, ambedue presenti sui Denti. La regione è ricca di Rose di Natale (Helleborus niger) che fioriscono d’inverno, proprio quando tutti gli altri fiori dormono, quasi a dimostrare che la natura è sempre viva, anche durante l’inclemente stagione. È pure presente il raro Rododendro irsuto o Rosa delle Alpi a foglie ciliate (Rhododendron hirsutum) caratterizzato da foglie verdi lucenti orlate di peli. Altre piante rare che crescono solo sulle rocce carbonatiche sono la Peverina di Carinzia sudalpina (Cerastium carinthiacum austroalpinum) e la piccola ed elegante Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleana), presenti solo sulla Cima dell’Oress, il Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae) e la Pedicolare spiralata (Pedicularis gyroflexa), queste ultime due pure presenti sul Generoso. Dalla fine di aprile a metà maggio è in piena fioritura il Ranuncolo erba tora (Ranunculus thora), la pianta piú velenosa tra le terribili ranuncolacee. Dalle sue radici i Galli estraevano un liquido usato per avvelenare le punte delle loro frecce. Una vera preziosità dei “Denti” è però costituita dalla presenza, su un ripido pendio sassoso, di un raro endemita delle Prealpi lombarde, il Citiso insubrico (Cytisus emeriflorus), una piccola pianticella legnosa che fiorisce verso la fine di maggio. Dal Brè alla Foiorina, invece, abbonda il Ciclamino (Cyclamen purpurescens) che in particolari circostanze profuma l’aria di tutto il sottobosco. Mentre quasi tutte le piante fanno il possibile per disseminare lontano i propri semi, il Ciclamino fa esattamente il contrario: appena il fiore è fecondato attorciglia il gambo floreale a “molla d’orologio” e, come farebbe un giardiniere, si china sul terreno e deposita il seme vicino al suo bulbo. Lungo il vecchio sentiero, dove un tempo c’era pascolo, troviamo una delle stazioni piú belle della cespugliosa Genziana asclepiadea, con centinaia di fiori. Diffuso è pure l’elegante Ormino (Horminum pyrenaicum) dai grandi fiori viola, presente in Svizzera solo in questa regione. Raro è invece il delicato Garofano di bosco (Dianthus monspessulanus), rosa o bianco e profumato. Rarissima è la strisciante Clematide alpina (Clematis alpina) che in Ticino cresce solo in un remoto angolo dei Denti. Le piante descritte sono rare in Svizzera perché, durante l’ultima glaciazione, sono sopravvissute in questa regione calcarea tra i Denti della Vecchia e la cima dell’Oress, che emergevano dalle potenti fiumane di ghiaccio provenienti dal Ceneri e da Porlezza (Ghiacciaio dell’Adda). I Denti sono anche l’ambiente ideale per molti insetti e molluschi rari, che tra le rocce calcaree hanno trovato l’ambiente ideale per riprodursi.
Dato la strana forma dei monti sono derivate parecchie leggende.

La vecchia del lago è la protagonista di una antichissima leggenda d'amore e di fedeltà che si ricollega al periodo celtico.

Un giovane guerriero si innamora di una bellissima fanciulla quindicenne e venne organizzato il matrimonio. La roccia a poca distanza del lago era stata allestita ad altare e decorata con fiori alpestri e fronde. La sposa ornata di ricche vesti attese lo sposo per tutto il giorno e la notte ma il giovane non arrivò. Al mattino successivo arrivò un uomo sconvolto dicendo che il promesso sposo era stato trovato ucciso in un bosco. La giovane volle dargli sepoltura in fondo al lago e là rimase per tutta la vita a custodire il suo amore, in compagnia di un orso. Negli anni la giovane divenne una vecchia, considerata una maga a cui la gente del luogo chiedeva consigli per rimedi, sortilegi, medicamenti. Quando morì fu sepolta al fondo del lago e secondo le tradizioni celtiche, i due spiriti innamorati s'incontrarono e si fusero. Ancora oggi, nelle magiche notti di luna, c'è chi afferma che si scorge sorvolare la superficie del lago un fantasma dai lunghi e bianchi capelli.

Si narra di una giovane e bellissima ragazza e del suo promesso sposo che, improvvisamente, dovette partire per la guerra. La giovane lo attese per molti anni, fedele, fino a quando arrivò in paese un giovane di Torino, ricco e affascinante, che iniziò a fare la corte alla ragazza. Lei inizialmente resistette, poi venendo a mancare anche le informazioni del fidanzato dal fronte, cedette e si fidanzò con il giovane torinese. Nel frattempo, a Rosazza, giugevano le notizie della morte del giovane rosazzese. Il giorno delle nozze della giovane con il promesso sposo di Torino, in chiesa comparve un pesonaggio vestito da un mantello nero. Era il fidanzato tradito che interruppe il matrimonio e fece morire d'infarto la madre della ragazza. La ragazza stessa scappò dalla chiesa e, in preda al senso di colpa, vagò per le montagne. La trovarono morta presso le sponde del lago. Fu trasportata in pese e le fu data sepoltura ma la sua anima continua a vagare intorno alle sponde del lago e si ode il lugubre lamento che rimprovera tutte le infedeltà d'amore. 

Al tempo della dominazione romana, un re e la sua sposa furono presi in ostaggio e messi a servizio come schiavi. Un servo fedele e devoto ai sovrani li seguì e li riscattò, dando loro la libertà. Ma il re morì e la vedova, fatta costruire una cassa di quercia, cercò nella solitudine delle alpi biellesi un luogo adatto al riposo del suo signore. Scelse il lago montano e calò la cassa nelle acque. La donna rimase a vegliare l'amato, viveva in una grotta e si nutriva di erbe, frutti selvatici e latte di una capretta. Era bellissima ma la gente la fuggiva perché straniera; veniva considerata una masca. Un giorno, un fanciullo si ammalò gravemente e la donna del lago lo guarì con i filtri di erbe alpine. La gente iniziò ad idolatrare la donna del lago e ricorreva a lei per le cure. In cambio le portavano doni. La donna invecchiò e quando mori la piansero e la calarono in fondo al lago, accanto allo sposo tanto amato. Ancora oggi, nelle magiche notti di luna, c'è chi afferma di vedere un fantasma bianco, dal lunghi capelli che sorvola la superfice del lago. E' la vecchia, ombra amica che ama i mortali, salva i viandanti smarriti e protegge gli innamorati.

Un giorno, molto ma molto tempo fa, nel Luganese accadeva qualcosa di molto strano. In una certa zona situata nelle vicinanze dei Denti della Vecchia, si udivano le note melodiose di un organo che suonava; ma questo capitava raramente e siccome il posto non era abitato pochi lo avevano udito.
I suonatori ambulanti e i cantastorie portavano la musica in spalla: nelle vie della città rallegravano grandi e piccini, nelle aie dei contadini animavano le feste campagnole, accompagnando le danze con ariette popolari e accontentandosi di poche monete buttate dalla finestra. Uno di loro, un certo Spallucci di Como, era giunto a Lugano col suo organetto caricato sul carro trainato da due cavalli. Girava soprattutto nella zona di confine col Ticino perché in Italia la concorrenza era tanta. Spallucci oltre che suonatore era anche un cantastorie, uno di quelli che portavano le storie e le leggende di paesi lontani sulla bocca di tutti e che poi le tramandavano ai figli e cosí via. Lui aveva tante storie da raccontare e restò a lungo nel Luganese. Qui la gente non era abituata a quello svago e Spallucci rappresentava per loro una delle poche occasioni per riunire tutta la gente. Una sera accadde che un calzolaio di nome Nicola si avvicinò a Spallucci e gli confidò di avere udito, nei boschi sotto i Denti della Vecchia, una musica meravigliosa, ma che non sapeva dire quale strumento o chi la suonasse. Per Spallucci era una gioia inaspettata; ora aveva un’altra storia da raccontare, ma doveva saperne di piú. Nicola lo accompagnò nella zona in cui aveva udito la musica e ve lo lasciò solo col suo organo da viaggio. Spallucci si mise a suonarlo direttamente dal carro e il suono si levò verso la montagna. Continuò cosí per ore fino a quando la sua musica richiamò un’altra musica, proprio come aveva pensato. Ma quello che udí fu il suono piú celestiale, la musica piú bella che mai un musicista avrebbe potuto comporre. Le note sembravano uscire dalle nuvole e la melodia sembrava un canto di angeli. Non riusciva a capire da dove provenisse, ma davanti a lui si trovavano le guglie della montagna chiamata Denti della vecchia. Osservandola, Spallucci vide che le nuvole stavano tutt’intorno alla montagna, come se da sotto qualcosa le soffiasse via. Rimase sconvolto quando comprese che le guglie erano delle vere e proprie canne d’organo e che il suono usciva da quella montagna. Immerso nei pensieri cercò di tranquillizzarsi e di trovare una spiegazione logica; nel frattempo il suono cessò e lo Spallucci non lo udí mai piú. Ritornò centinaia di volte ancora e centinaia di volte suonò il suo organetto, ma della celestiale melodia non c’era piú traccia. Lui era un cantastorie e un suonatore e alla fine comprese che la montagna desiderava che lui portasse la sua musica alle genti di altri paesi. E cosí fece. Da allora tutto il mondo conosce la storia delle “canne d’organo” della montagna chiamata Denti della Vecchia, che si trova in Ticino e piú precisamente nel Luganese. Ma ciò che nessuno sapeva è che la montagna suonò ancora; quando lo Spallucci si recò per l’ultima volta sulla guglia piú grande della montagna. Stava morendo e voleva ascoltare ancora una volta il suono che l’avrebbe reso felice d’essere vissuto raccontando storie. E cosí fu.




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