venerdì 7 agosto 2015

SAI L'ITALIANO?



Chattando su Facebook mi sono resa conto purtroppo che noi italiani non sappiamo scrivere la nostra lingua.

L'italiano è una lingua bellissima, armonica; per gli stranieri, gli italiani quando parlano cantano ed emettono dei suoni che dilettano le orecchie di chi li ascolta.

Ma, come tutte le cose belle, l'italiano è una lingua difficile, spesso capricciosa. Nasconde tanti dubbi e regole grammaticali sconosciute ai comuni mortali e solamente i puristi della lingua sono in grado di risolvere alcuni enigmi e rispondere ad alcuni quesiti.

Ogni giorno, quando ognuno di noi scrive, è sopraffatto dai dubbi: come si scriverà questa parola? Molto spesso a commettere dei banali errori sono proprio i giornalisti e i media.

All'indomani dell'unificazione, nel 1861, l'Italia contava una media del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in Sardegna e del 90 % in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi del 57% in Piemonte e del 60% in Lombardia. Nello stesso periodo - 1850 - le percentuali di analfabeti in Europa erano del 10% in Svezia, del 20% in Prussia e Scozia, del 75% in Spagna e del 90% in Russia.

Uno studio governativo del 1911 sull'Analfabetismo in Italia dimostrava che l'aumento della popolazione consentiva in proporzione un maggior numero di elettori e di analfabeti che aggravava il rischio di una minore correttezza delle elezioni politiche nel Paese: "sta di fatto che, in non pochi collegi d'Italia, le corruzioni, le violenze, le frodi ed i brogli hanno già presa tale estensione da falsificare la volontà degli elettori".

Per il censimento generale del secondo dopoguerra, nel 1951, la "qualifica" di analfabeta venne collegata non più a coloro che non sapevano scrivere il proprio nome, ma a coloro che non sapevano leggere e scrivere. Gli analfabeti risultarono così suddivisi per regione: Piemonte 3%, Valle d'Aosta 3%, Liguria 4%, Lombardia 2%, Veneto 7%, Trentino-Alto Adige 1%, Friuli Venezia Giulia 4%, Emilia-Romagna 8%, Toscana 11%, Marche 13%, Umbria 14%, Lazio 10%, Abruzzo e Molise 19%, Campania 23%, Puglia 24%, Basilicata 29%, Calabria 32%, Sicilia 24% e Sardegna 22%.

Secondo i dati pubblicati nel 2005 dell'Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo (UNLA) basati sul censimento del 2001, degli italiani sopra i sei anni quasi sei milioni erano privi di titolo di studio o analfabeti, cioè l'11% contro il 7,5% dei laureati. La stessa fonte riporta uno studio OCSE secondo cui l'Italia nel 2002 era terzultima fra 30 paesi per numero medio di anni di scolarità della popolazione di 25-64 anni, prima solo di Portogallo e Messico. Gli illetterati, cioè gli analfabeti, coloro senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare costituivano invece il 36,5% della popolazione sopra i sei anni, circa 20 milioni sui 53 censiti nel 2001.

Palermo è la città (tra quelle con più di 250.000 abitanti) con la più alta percentuale di analfabeti d'Italia ed è seguita da Messina e Bari. Secondo dati ISTAT derivanti dal censimento 2001, il numero di analfabeti in Italia è pari a 782.342 unità.

Altri dati sono stati forniti dal progetto ALL (Adult Literacy and Lifeskills - Letteratismo e abilità per la vita), dedicato specificamente all'analfabetismo funzionale, nell'ambito di una ricerca comparativa internazionale promossa dall'OCSE. Le indagini svolte sulla situazione italiana nel 2003-2004 su un campione della popolazione compresa tra 16 e 65 anni hanno denunciato un quadro non brillante: su tre livelli di competenza alfabetica funzionale (inferiore, basilare e superiore) il 46,1% degli Italiani è al primo livello, il 35,1% è al secondo livello e solo il 18,8% è a un livello di più alta competenza.

Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo che nel 2008 soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.

Un discorso a parte va fatto per le persone che arrivano in Italia da altri paesi. Tra queste persone sono relativamente diffusi i casi di analfabetismo totale, benché non esistano dati ufficiali in proposito, ma spesso si presentano anche casi di migranti che, pur avendo un livello medio/basso di scolarizzazione nel loro paese, risultano "analfabeti" in quanto alfabetizzati in lingue che usano un sistema di simboli diversi da quelli dell'alfabeto latino per codificare la lingua scritta; per esempio gli arabofoni e a coloro che usano l'alfabeto cirillico o altri alfabeti di origine asiatica.

Parallelamente ad altri studi, dopo le anticipazioni divulgate attraverso la stampa nel marzo 2013, sono stati diffusi i risultati del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle competenze degli adulti, un'indagine internazionale promossa dall'OCSE/OCDE che analizza il livello di competenze fondamentali della popolazione tra i 16 e i 65 anni in 24 paesi (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cipro, Corea, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Irlanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Russia, Spagna, Stati Uniti e Svezia), svolta nel periodo 2011-2012.



In Italia l’indagine, condotta in collaborazione col Ministero del Lavoro, contestualmente a OCSE/OCDE e agli altri 23 Paesi, mette a disposizione i dati nazionali e le relative elaborazioni, prendendo in considerazione le competenze fondamentali per la crescita individuale: la partecipazione economica e l’inclusione sociale (competenze linguistiche o literacy) e quelle per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta (competenze matematiche o numeracy). Secondo i dati PIAAC, si conferma l'alto tasso di "illetteralismo" italiano. Le competenze degli adulti italiani sarebbero ben al di sotto della media degli altri Paesi, fenomeno che potrebbe drammaticamente contagiare le nuove generazioni, anche se rispetto alle precedenti indagini OCSE - IALS (International Adult Literacy Survey) 1994-98 e ALL (Adult Literacy and Life Skills) 2006-08 - apparirebbe in riduzione.

Le informazioni messe a disposizione dall'indagine sono ricche e molteplici. L’inchiesta sulle competenze degli adulti (PIAAC) pone l’Italia all'ultimo posto nella graduatoria dei paesi partecipanti rispetto alla percentuale degli individui intervistati che ottengono un punteggio al livello intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche. In particolare, solo il 3.3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 – i più alti – contro l’11.8% della media dei 24 paesi partecipanti ed il 22.6% del Giappone, il paese in testa alla classifica. Il 26.4% raggiunge il livello 3 di competenza linguistica, mentre il 27.7% degli adulti italiani possiede competenze linguistiche di livello 1 o inferiore, contro solo il 15.5% della media dei paesi partecipanti.

Per quanto riguarda le competenze matematiche, solo il 4.5% degli adulti italiani ha competenze di livello 4 o 5, il 24.4% ottiene il livello 3, mentre il 32% degli italiani ha competenze di livello 1 o inferiore, contro solo il 19% della media dei 24 paesi. Inoltre, in entrambe le aree di competenza, in Italia la proporzione degli intervistati con un punteggio corrispondente al livello 1 o inferiore è tra le più elevate. Tuttavia ci sono forti differenze tra le regioni italiane, e nel nord-est gli italiani risultano essere tra i migliori al mondo in matematica, scienze e lettura.

Qual è o qual’è? Da o Dà? Sapete la risposta? Benissimo, allora voi siete promossi a pieni voti. Ma non tutti, purtroppo (o pultroppo?), scrivono in italiano corretto anche se l’italiano è la lingua madre. Oltre un italiano su due (53%) commette regolarmente errori grammaticali quando scrive un testo, un messaggio o una lettera, non rispettando le regole basilari della grammatica. Altro che discendenti di Dante, Petrarca e Boccaccio. Gli italiani finiscono dietro la lavagna a causa delle loro sviste in fase di scrittura. Gli errori più grossolani? Scrivere ‘’un pò” (73%), “qual’è” (68%), e l’uso errato del congiuntivo (61%).

E’ quanto emerge da uno studio promosso da Libreriamo, piazza digitale per chi ama la cultura fondata dal sociologo Saro Trovato, condotto tramite monitoraggio web con metodologia WOA (Web Opinion ANALYSIS) su circa 5.000 utenti di blog, forum e community, per capire come scrivono gli italiani oggi, realizzato in occasione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. Italia, la patria di Dante e Petrarca, di Manzoni e Pirandello. Sarà anche terra di esperti di scrittura? In cima alla classifica degli errori più frequenti degli italiani, ovviamente, troviamo  l’apostrofo, vero tallone d’Achille per oltre 7 italiani su 10 (73%). Davvero uno degli amici più antipatici della lingua italiana. Quando si mette? Semplice, con tutte le parole femminili, quindi: un’amica sì, un amico no. E quindi apostrofo? Si tratta di elisione: non si può dire lo apostrofo, diventa quindi l’apostrofo. Infine c’è anche il troncamento: un po’ vuole l’apostrofo, perché si tratta del troncamento della parola “poco”. Al secondo posto (68%) troviamo un altro degli errori più comuni commessi dagli italiani: “Qual è” scritto in maniera errata. Qui, l’apostrofo ci vuole oppure no? Assolutamente no. Qual è si scrive senza. Sempre.


Sul gradino del podio troviamo l’uso del congiuntivo (61%). E qui di sicuro si alzerà un boato. Il congiuntivo, il vero tallone d’Achille di moltissimi studenti e non. Quanti strafalcioni sentiamo ogni giorno anche, e soprattutto, in televisione? “L’importante è che hai superato l’esame”, seppur molto usata questa è una formula grammaticale  scorretta perché in questo caso, bisogna usare il congiuntivo: “L’importante è che tu abbia superato l’esame”.(55%)
Se state storcendo già il naso davanti a questi errori di grammatica, fateci l’abitudine perché “pultroppo è propio così”. Avete notato qualcosa di strano? Esatto, queste due paroline sono un altro grande scoglio per oltre la metà degli italiani (55%). Non sempre “Purtroppo è proprio così” viene scritto in maniera corretta. Ma anche se la lettera ‘r’ nella pronuncia non si sente poi molti, bisogna però metterla per iscritto. Altro dilemma per il 51% degli italiani è: si scrive “Entusiasto o entusiasta?” Anche se ci si riferisce a un soggetto maschile, la forma corretta di quest'aggettivo è entusiasta. Questo vale solo quando si parla al singolare perché invece quando ci si riferisce a più soggetti si distingue nuovamente tra maschile e femminile. Quindi si avrà entusiasti per il maschile e entusiaste per il femminile, mentre la forma entusiasto è assolutamente incorretta.

A proposito di dilemmi, è giusto usare e o ed? a o ad? Un vero dubbio che attanaglia, portando all’errore il 47% degli italiani. La soluzione è semplice: l’aggiunta della ‘d’ eufonica deve essere fatta solo nel caso in cui la parola che segue comincia con una vocale. Quindi: vado ad Amburgo; Era felice ed entusiasta.

Sulla punteggiatura continua a cadere in errore il 43% degli italiani. Virgole, punti e virgola, due punti, non vanno mai usati a casaccio. Ogni segno di punteggiatura ha la propria regola. La funzione principale della virgola è quella di dare una cadenza precisa a periodi lunghi e complessi. I due punti invece si usano, per esempio, per introdurre un discorso diretto oppure per presentare una spiegazione o un elenco. I pronomi sono un altro grande errore commesso dagli italiani. Oltre uno su 3 (38%) sbaglia nell’utilizzi di “gli e le”. Sembra facile, ma non lo è. “Gli ho detto che era molto bella”. In questo caso, riferendoci ad una persona di sesso femminile, bisogna usare il pronome “le”: “Le ho detto che era molto bella”.

Alla fine di questa classifica di orrori grammaticali, troviamo anche l’uso dell’h e la doppia z. Pare che il 34% degli italiani ancora abbiano difficoltà a memorizzare che i verbi come hai, ho, hanno vogliono l’h davanti. Spesso, il capro espiatorio di un messaggio come “O visto che sei arrivata” è il telefonino, o il correttore automatico, o ancora il T9. Ne siamo proprio sicuri? Infine, troviamo la “doppia Z” (32%), il dubbio più comune nella grammatica italiana: quando bisogna usare la doppia zeta? Eccezzione o eccezione?


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